Salta al contenuto principale

PADERNELLO E VEROLANUOVA

28-10-2023

PADERNELLO  -  (vedi programma)

castello di padernello

Tra i castelli più grandi d’Italia, situato nella provincia bresciana,
famoso anche per una misteriosa leggenda.

Girare l’Italia significa poter ammirare tutte le bellezze culturali, artistiche e naturali del nostro Paese. Non è certo un caso se in tutte le stagioni le varie regioni italiane possono sempre contare sulla presenza di molti turisti, che giungono nel Belpaese per godere dal vivo di tante meraviglie. Tra i tanti edifici che rapiscono il cuore e donano emozioni molto forti ci sono sicuramente i castelli, che riportano al periodo medievale. Molti di questi castelli hanno una grande storia e al loro interno sono contenute preziosità di vario tipo. Gli appassionati del periodo medievale restano particolarmente affascinati soprattutto dai castelli di grandi dimensioni.
Stiamo parlando proprio del Castello di Padernello, situato nella frazione che si trova a poca distanza da Borgo San Giacomo. Edificato nel 1485 da Bernardino Martinengo, nella seconda metà del secolo scorso il maniero risultava abbandonato e versava in condizioni davvero precarie.
Fortunatamente all’inizio del nuovo millennio il Comune di Borgo San Giacomo ha acquistato il Castello di Padernello assieme ad alcuni imprenditori, che hanno dato il via a importanti opere di restauro.
Oggi il Castello di Padernello si mostra ai visitatori in tutta la sua magnificenza, circondato dal fossato con tanto di ponte levatoio. Al suo interno sono presenti ben 130 stanze e molto spesso vengono organizzate iniziative culturali che valorizzano ulteriormente lo storico edificio.
Il Castello di Padernello è infatti sede di numerose mostre e installazioni artistiche, ma anche di rassegne cinematografiche e teatrali, convegni, fino ad arrivare alle visite scolastiche e a quelle quotidiane da parte dei visitatori comuni.
Tra le tante iniziative degne di nota che si svolgono all’interno del Castello di Padernello c’è sicuramente Arpe in villa, dove viene dato ampio risalto a uno strumento di grande fascino come l’arpa.
Oltre all’incantevole struttura e al paesaggio che circonda il maniero, il Castello di Padernello è famoso anche per una misteriosa leggenda che le persone del posto conoscono molto bene.
La leggenda del Castello di Padernello: da quelle parti la conoscono tutti; stiamo parlando della leggenda della Dama Bianca, ovvero del fantasma che ogni dieci anni, il 20 luglio, ritorna nella sua residenza con in mano un libro d’oro su cui è riportato un importante segreto.
La Dama Bianca non è altro che Biancamaria, una giovane vissuta nel quindicesimo secolo, che scelse di vivere nella natura e nel silenzio abbandonando la vita di città fatta di violenze e abusi.
Biancamaria si trasferì quindi nel 1479 presso la residenza di campagna della sua famiglia, i Martinengo. Tuttavia, il 20 luglio dell’anno successivo la giovane, che all’epoca aveva solo 13 anni, morì perché si sporse troppo dai merli del maniero in quanto attratta da alcune magie luminose. 
La leggenda vuole che ogni dieci anni Biancamaria, trasfiguratasi nella Dama Bianca, si ripresenti nel Castello di Padernello con indosso un abito bianco e tenendo in mano il libro d’oro, in attesa che qualcuno possa ascoltare il suo segreto.
 

PONTE SAN VIGILIO

ponte san vigilio

Il Ponte di San Vigilio, opera d’arte naturale in rami di castagno di Giuliano Mauri, nel bosco del borgo di Padernello attraversa un affluente della roggia Savarona nelle vicinanze del monastero di San Vigilio e collega la strada vicinale di Borgo San Giacomo con Padernello. Questa installazione, costruita tra il 2007 e il 2008, ha permesso di riaprire il limes romano della centuriazione augustea, che portava da San Paolo a Quinzano.
Giuliano Mauri arriva a Padernello grazie al fecondo incontro con Giacomo Andrico, regista e scenografo nativo di Motella (frazione di Borgo San Giacomo) a Macerata, nelle Marche. 
Per chi crede alle coincidenze non si stupirà di sapere che il luogo designato per il ponte-scultura, nelle antiche pergamene è nominato proprio “Macerata”. Si ipotizza che il nome derivi da maceriae, muro o muraglia, e anche da macera, la fossa dove si ponevano lino e canapa a macerare. Molte sono le stratificazioni e le presenze in quella via e nei pressi del ponte. 
Nel 1127, Macerata è abitata da un gruppo di donne che facevano vita comune, dopo 20 anni vennero inquadrate nella regola benedettina, nel monastero dedicato a San Vigilio. Sul limes sorgeva un luogo sacro agli dei Mani, a cui due ex-schiave, Nymphe e Trophime, nel II d. C. dedicarono un cippo a Marco Numerio, il padrone che le aveva rese liberte.
Prima che l’originaria passerella crollasse, gli abitanti del piccolo borgo hanno attraversato al roggia in processione, prima dell’Ascensione, declamando suppliche e litanie per proteggere i raccolti e la comunità dalle comunità naturali.
Il Ponte San Vigilio raccoglie e accoglie tutto ciò che è stato e si colloca in costante colloquio con il tempo e la natura, in continua tensione tra il ritornare alla natura e il restauro dell’opera stessa.


VEROLANUOVA

verolanuova

Alle porte di Brescia, poco distante dalle sponde del fiume Oglio c’è un paese che custodisce un patrimonio scrigno di opere di cui pochi sono a conoscenza: si tratta di Verolanuova, una cittadina dalla forte caratterizzazione medievale e rinascimentale che per almeno quattro secoli, a partire dai primi decenni del Quattrocento, è stata governata da una delle stirpi nobili più importanti e influenti di Brescia: la famiglia Gambara.
Proprietari terrieri di grande prestigio, con le ingentissime ricchezze accumulate promossero la costruzione di ville, palazzi e della maestosa Basilica di san Lorenzo, la cui prima pietra fu posata il 10 agosto 1633. 
Questo sacro tempio a navata unica e pianta a croce latina è uno scrigno di preziosi tesori, tra cui magnifiche pale d’altare dei pittori barocchi Andrea Celesti, Pietro Liberi, Francesco Maffei e Pietro Ricchi. Ma è solo varcando la soglia del transetto sinistro che scopriamo che qui, a Verolanuova, sono conservati da oltre 250 anni due capolavori assoluti di Gianbattista Tiepolo, uno dei più grandi pittori europei del Settecento. 
La Raccolta della manna e Il sacrificio di Melchisedech sono infatti i due dipinti di più ampio formato che il maestro veneziano abbia mai eseguito in vita sua: alti 10 metri per 5 metri di larghezza; si pensi che la loro dimensione è pari alla metà della superficie di un campo da tennis. Gli interventi, coordinati a livello scientifico e organizzativo da Davide Dotti, sono realizzati dagli studi di restauro Monica Abeni-Paola Guerra di Brescia e Antonio Zaccaria di Bergamo sotto la direzione della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Bergamo e Brescia.