San Fedele
LA CHIESA E LA PIAZZA - (vedi programma)
Situata all'interno dell'area pedonale nel pieno centro di Milano, prende il suo nome dalla cinquecentesca chiesa di San Fedele che si affaccia su di essa. La piazzetta, sotto la facciata posteriore di Palazzo Marino, conserva al centro un monumento ad Alessandro Manzoni (1883), la cui casa di famiglia si trovava nella vicina piazza Belgiojoso. Alle spalle della piazza, nella viuzza che taglia verso Palazzo Belgioioso, sorge la Casa degli Omenoni, famosa per gli otto telamoni scolpiti nella sua facciata.
La piazza deve la sua dimensione attuale, circa doppia rispetto a quella precedente, ai fatti del 1814 accaduti con la caduta di Napoleone: a seguito dell'uccisione del Ministro delle Finanze del Regno d'Italia Giuseppe Prina, avvenuta il 20 aprile di quell'anno, e alla distruzione di Palazzo Sannazzari situato di fronte alla chiesa di San Fedele e che il Prina abitava, il governo austriaco che seguì decreto l'abbattimento di ciò che restava della residenza del Ministro, fatto che ridisegnò la nuova piazza conferendole l'attuale forma e dimensione.
Pesantemente danneggiata durante la seconda guerra mondiale dai bombardamenti anglo-americani, la piazza fu distrutta su tre lati, perdendo così il collegio dei gesuiti che si trovava a destra della chiesa, parte della chiesa stessa, l'allora Teatro Manzoni e l'edificio che ospitava il famoso albergo Bella Venezia, di fronte a Palazzo Marino, edifici tutti rimpiazzati dopo la guerra da nuove architetture.
Storia
La chiesa di San Fedele fu realizzata a partire dal 1569 dall’architetto Pellegrino Tibaldi (1527-1596) per volere dei gesuiti e dell’arcivescovo Carlo Borromeo, uno dei massimi riformatori della Chiesa cattolica nel Cinquecento. Tibaldi concepì un monumentale edificio a navata unica in conformità con le esigenze liturgiche della Controriforma. La chiesa fu consacrata nel 1579, ma la sua costruzione proseguì per un secolo, sotto la direzione di Martino Bassi (1586), Francesco Maria Richini (1629) e Antonio Biffi (1684). Infine, Pietro Pestagalli nell’Ottocento terminò la facciata e realizzò l’altare maggiore. La chiesa di San fedele, dopo la soppressione dell’ordine dei gesuiti (1773-1814), passò alle cure dei canonici della vicina chiesa di Santa Maria della Scala, abbattuta in quel periodo per fare posto al Teatro alla Scala. Dopo la seconda guerra mondiale San Fedele tornò ai gesuiti che avviarono una serie di attività sociali, culturali e artistiche ancora oggi riunite nella Fondazione Culturale San Fedele.
Nella cinquecentesca chiesa dei Gesuiti si sviluppa un percorso artistico e religioso che comprende la cripta, la sacrestia, la «cappella delle ballerine» e un museo di dipinti e reliquiari con opere d’arte che spaziano dal XIV secolo al presente, inaugurato il 31 dicembre 2014, al termine di restauri durati un decennio e che hanno interessato tali ambienti. Esso è strettamente legato alla storia della Galleria San Fedele iniziata negli anni Cinquanta nella omonima Fondazione dei gesuiti. Padre Arcangelo Favaro, fondatore della Galleria San Fedele, nel dibattito animato di quel tempo si propose come un interlocutore del dialogo tra arte e fede, tema poi esplicitato da papa Paolo VI nel 1964 nel celebre discorso agli artisti nella Cappella Sistina. Come alcune altre realtà ecclesiali italiane, la Galleria San Fedele negli anni ha invitato numerosi artisti a riflettere sui grandi temi dell’uomo contemporaneo e della spiritualità cristiana. A questo cantiere sperimentale, laboratorio espressivo, hanno collaborato artisti del calibro di Carlo Carrà, Mario Sironi e Lucio Fontana.
Le sperimentazioni presso gli spazi della Galleria trovano pienezza di senso negli interventi nello spazio liturgico della chiesa di San Fedele. L’arte cosiddetta «sacra» non è morta, come tante volte si è affermato nel Novecento, ma necessita di una «conversione» del linguaggio che non può essere separato da un messaggio, «interpretato» secondo i linguaggi dell’oggi. Per questo, padre Favaro aveva chiesto a Lucio Fontana di realizzare la pala de Il Sacro Cuore (1956) che ancora oggi si trova nella chiesa. David Simpson, Mimmo Paladino, Jannis Kounellis, Sean Shanahan, Claudio Parmiggiani e Nicola De Maria sono alcuni degli artisti interpellati negli ultimi anni per riflettere su temi fondamentali della fede, come l’Apocalisse, la Croce, la Gerusalemme celeste, gli ex voto, con opere pensate per gli spazi e negli spazi della chiesa. Le opere sono esposte nella chiesa e in «stanze di contemplazione» - la cripta e il sacello, la sacrestia, la cappella delle ballerine -, ambienti restaurati negli ultimi anni, cui si aggiungono nuovi spazi dedicati ad antichi reliquiari, oggetti liturgici e dipinti. L'apertura al pubblico dei locali espositivi, a cura di Andrea Dall’Asta SJ, direttore della Galleria San Fedele, con l’allestimento dell’arch. Mario Broggi, ha segnato una nuova tappa nel cammino compiuto dal San Fedele. L'itinerario tra arte e fede si caratterizza sia come luogo della memoria, sia come stimolo di riflessione per aprire un dialogo fecondo con la cultura e la spiritualità odierne.
CAPPELLA "DELLE BALLERINE" E SACRESTIA
Nella «cappella delle ballerine», così chiamata perché fino agli anni Ottanta le danzatrici della Scala portavano i fiori la sera prima del debutto all’altare della Madonna del latte, affresco del XIV secolo, è inserita una installazione di ex voto dell’artista della Transavanguardia Mimmo Paladino, che si aggiunge ad alcune opere di Sean Shanahan. Il percorso è, inoltre, arricchito dall’imponente sagrestia lignea, intagliata nel XVII secolo dai fratelli Taurino, e dalla sala dell’antisacrestia dove sono poste due opere di Ambrogio Figino (L’incoronazione della Vergine) e di Bernardino Campi (Trasfigurazione).
LUCIO FONTANA - Via Crucis (1957)
La Via Crucis fu in origine realizzata da Lucio Fontana per la Cappella dell’Istituto religioso «Le Carline» di Milano. In seguito a una risistemazione degli spazi dell’Istituto avvenuta negli anni Ottanta, l’opera è stata acquisita nel 1986 dalla chiesa di San Fedele, grazie all’interessamento di padre Eugenio Bruno e del critico Giorgio Mascherpa. La collocazione di questa Via Crucis nella chiesa dei gesuiti viene a coronare un lungo rapporto di collaborazione tra la Compagnia di Gesù a Milano e Lucio Fontana. L’artista, infatti, fu legato da una profonda amicizia con padre Arcangelo Favaro, fondatore del Centro Culturale San Fedele, e realizzò la Pala del Sacro Cuore (1957) in ceramica smaltata e invetriata per la chiesa, dove è tuttora conservata nella Cappella Guastalla. Delle tre Via Crucis realizzate da Fontana, questa è l’unica in terracotta senza un rivestimento di smalto sulla superficie. I piccoli «medaglioni» hanno brevi interventi di colore «a freddo», e sono caratterizzati da un accentuato rilievo delle figure immediatamente schizzate con la mano e con la stecca nella terra, in maniera fresca e plasticamente esuberante. Per Mascherpa, in tutte le «Stazioni» ovali la presenza, nella zona libera «d’azione drammatica», di un rigo in crescere o in diminuire dà alla scena l’accordo-base del taglio compositivo e dinamico, quasi fosse un segnale direzionale o una sottolineatura. Con questa Via Crucis l’«incredibile plasticismo fontaniano» tocca i «vertici assoluti».
Le 14 stazioni: I. Gesù è condannato a morte; II. Gesù è caricato della croce; III. Gesù cade per la prima volta; IV. Gesù incontra sua Madre; V. Gesù è aiutato a portare la croce da Simone di Cirene; VI. Santa Veronica asciuga il volto di Gesù; VII. Gesù cade per la seconda volta; VIII. Gesù ammonisce le donne di Gerusalemme; IX Gesù cade per la terza volta; X. Gesù è spogliato delle vesti; XI. Gesù è inchiodato sulla croce; XII. Gesù muore in croce; XIII. Gesù è deposto dalla croce; XIV. Il corpo di Gesù è deposto nel sepolcro